MARCO DIMITRI
Dovessi scrivere un’autobiografia la intitolerei Bimbo. Un termine che armonizza perfettamente ciò che sono con la mia immagine pubblica, quanto a cui gli altri mi associano. Dimitri bambino è però identico al Dimitri adulto, biondo, casinaro, sognatore e un po’ bullo. A scuola ero irrequieto, incorreggibile, perennemente distratto. Mi sistemavo agli ultimi banchi per infastidire i bambini più timidi, quelli grassottelli con gli occhiali. Un giorno tirai un secchio d’acqua in testa al preside mentre passava in cortile… e non la prese bene, mi salvai solo perché s’impietosì. Ero rimasto orfano da poco e quel funzionario comprese la situazione o finse di capirla. Qualche tempo fa ho tirato una secchiata anche al Cardinale Giacomo Biffi che capeggiava una processione proprio sotto casa mia. Dal confronto dei due episodi è facile dedurre quanto poco sono cambiato nel corso degli anni… I rimproveri non sono quindi mai serviti. Più venivo rimproverato e più peggioravo, mi ostinavo, m’incattivivo. Non ho d’altronde avuto guide educative, istitutori o maestri all’altezza della mia intransigenza, col tempo ho dedotto che dovevo educarmi da solo. L’unico comandamento che m’impongo è comunque di somigliare il più possibile a me stesso, evitare idoli, modelli, false religioni che alterano l’identità e schiavizzano l’uomo rendendolo alieno a vivere. Ecco perché amo i lupi, vorrei anzi essere uno di loro. Tutti li evitano, li stigmatizzano predatori voraci e pericolosi. In realtà il lupo è un animale tenace, complesso, affascinante. Conosce le strade più remote, i sentieri non tracciati, sa vivere isolato e nel contempo organizzare un branco, una perfetta gerarchia sociale adatta alla sopravvivenza, al benessere del gruppo. In casa ho un cane husky, parente non così lontano del canis lupus, un mammifero non ammaestrabile però in grado di autoeducarsi. Proprio come me… Inutile violentarsi per cambiare, modificare la propria essenza. C’è qualcosa d’indistruttibile in ognuno di noi, una cellula primordiale nella quale stipiamo angosce, perversioni, illusioni e istinti. L’uomo non cambia, al massimo rafforza la maschera che si è scelto o che la società gli ha affibbiato. L’evoluzione è un vestito, una seconda pelle che si applica per coprire quanto non si ha la forza di accettare. So di non essere perfetto, di avere mille difetti, non cerco però di controllarmi, non ne vale la pena, sono del resto il peggiore allievo di me stesso. Chiamo creatività la caratteristica più vera e attraente di un individuo. L’unica facoltà umana che possa ambire all’immortalità, il corpo e l’anima sono purtroppo destinati a scomparire. Penso appunto alla scrittura come a un meccanismo generativo, uno strumento di riproduzione irriverente ma sincero, foriero di amore e distruzione, affermazione e negazione, verità e menzogna. Un gesto immediato che può vivere in eterno. La letteratura è un codice, un magnete che attira il simile e abbaglia il differente, non amo ridurla all’astrazione di linguaggio universale. L’opera d’arte letteraria ha vita propria, caratteristiche reali e autonome e quando si riesce ad assaporarla si aprono nuove soglie mentali, si progredisce. Ho sempre considerato la scrittura come un talento naturale, una necessità. Mai ho infatti avuto particolare difficoltà nel riempire una pagina di pensieri, storie, ragionamenti ispirati, è un processo naturale, per questo imprevedibile… Aspetto che arrivi lo stato d’animo proficuo, il lampo, l’idea, la scintilla che innesca la detonazione, e tutto fluisce senza particolari intoppi. Non forzo mai l’ispirazione. Se arriva assecondo lo stimolo, se non c’è, pazienza, incrocio le braccia e lascio perdere, non seguo dunque un iter preciso, scrivo solo quando sento il bisogno di farlo. Accendo la sigaretta elettronica e metto in fila le parole ovunque mi trovi e qualsiasi cosa faccia. E su ogni supporto… fogli, biglietti del treno, iPad, ogni appoggio è tollerato. Diffido dai modelli e dai maestri anche in letteratura. Mi piaceva Michael Ende, l’autore di Momo e de La Storia Infinita, ma mai ho venerato alcun scrittore in particolare. Detesto l’ammirazione, lo trovo un sentimento troppo religioso, mi limito a leggere, forse a condividere, e il mio libro preferito non potrebbe essere che Dietro Lo Specchio Nero, buttato giù a quattro mani con Isabella Lai. Comunque… la mia vita è meno burrascosa di quanto si possa pensare. Da bravo cittadino sono addirittura entrato in politica candidandomi per Democrazia Atea, il partito fondato dall’astrofisica Margherita Hack. Pratico hobby innocui, skateboard, fotografia, subacquea, computer, grafica e studio con passione la sismologia… Amo vivere Bologna, la mia città. Risalire i colli, passeggiare per le strade del centro e delle zone più underground, come la celebre via del Pratello dove ancora si respira un’atmosfera legata agli anni Settanta del secolo scorso. Adoro viaggiare ma mai potrei vivere lontano dalla città in cui sono nato e cresciuto. Essendo curioso e naturalmente predisposto alle novità ho di conseguenza apprezzato i luoghi che mi hanno ospitato in Germania, Francia, Svizzera e Austria. Forse suggestionato dall’immaginario cinematografico mi piacerebbe visitare New York dove tutto è energia, colore, passione. I murales, i campi da basket, i grattacieli, le metropolitane de La Grande Mela sono icone imprescindibili, affascinanti riferimenti che vorrei toccare con mano, vivere in prima persona… così saprò dire se la fascinazione indiretta è giustificata.